SANTA AGOSTINA PIETRANTONI
Suora della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret
1864-1894
di Sr Antida Casolino
Nell'omelia che Sua Santità Papa Paolo VI
nel 1972, pronuncia in occasione della Beatificazione di Santa Agostina Pietrantoni,
è facile cogliere elementi lirici dal sapore bucolico che dipingono,
realisticamente, ambiente e clima dei luoghi che hanno visto nascere, crescere
e agire Livia Pietrantoni, fino al giorno della sua entrata nella Congregazione
religiosa delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret.
Nell'intenzione del Papa c'è la volontà di rilevare una fede cristiana
semplice, essenziale, antica, che si esprime con la preghiera, il lavoro duro
di ogni giorno, la dedizione e il servizio reciproco. La presenza di Dio, la
fiducia nella Provvidenza, il rispetto degli anziani e dei piccoli, fanno fluire
gesti di squisita solidarietà con tutti, specie con chi è più
in difficoltà.
Basta raggiungere la Sabina, alta regione del Lazio, dalle colline punteggiate
di ulivi d'argento e salire a Pozzaglia Sabina, in provincia di Rieti, per rivedere
una coppia di giovani sposi, Francesco Pietrantoni e Caterina Costantini che
il 27 marzo del 1864 accoglie amorevolmente, Oliva, detta poi Livia, la seconda
di undici figli.
Livia respira i valori di questa famiglia di agricoltori onesti, laboriosi,
religiosi. Grande influenza sulla sua formazione alla vita esercita il nonno
Domenico, patriarca saggio che, insieme a tutti gli altri membri della famiglia
"badava a fare bene e a pregare".
A mano a mano che la famiglia aumenta, Livia ha modo di sviluppare nei confronti
dei fratellini, quel senso di maternità che la abilita a gesti, attenzioni,
dolcezze, che pur rubandole la spensieratezza, il tempo della scuola, le energie
per il lavoro in casa e nei campi, le permette di assuefarsi ad un atteggiamento
intuitivo, protettivo, promozionale, gratuito, oblativo.
Non si possono dimenticare le sue fatiche di bambina, con altri bambini, per
la costruzione delle strade, nelle vicinanze di Pozzaglia. I bambini vengono
ricompensati con poco. Questo poco è un piccolo sollievo per le famiglie.
Il lavoro consiste nel trasporto di contenitori pieni di ghiaia occorrente per
la sistemazione di base della strada.
Più tardi, con altre adolescenti e giovanette, Livia si dedica alla raccolta
delle olive, come lavoro stagionale. E' necessario raggranellare un gruzzolo
per il corredo, o per dare un aiuto alle famiglie numerose. Livia diventa il
punto di riferimento delle compagne, con le quali sopporta fatiche e disagi.
Si fa protettrice del gruppo nei confronti di "caporali" esigenti
e senza scrupoli, che tendono insidie. Le ragazze sono costrette a rimanere
lontane dalle famiglie e dal paese per mesi interi, solo in Livia trovano sicurezza
e solidarietà, raccomandate dalle loro mamme.
Mamma Caterina si rende conto che la figlia, nonostante le iniziative di approccio
dei ragazzi e di uno in particolare, non si orienta verso il matrimonio. Che
cosa farà questa sua figlia, bella, giovane, virtuosa? "Io non so
che pensare di questa figlia; non ci capisco niente: non so proprio che cosa
cerca! "
"Cristo sarà l'amore, Cristo lo sposo", pensa Livia e vuole
una Congregazione religiosa dove si lavora giorno e notte. Lo zio, frà
Matteo, riconosce le qualità della nipote. Il 23 marzo 1886, Livia, dopo
aver salutato tutti, dopo aver baciato la porta della sua casa, tracciandovi
sopra un segno di croce, intraprende con lui il viaggio per Roma, verso Via
Santa Maria in Cosmedin, allora via Salara, presso le Suore della Carità,
dette di San Vincenzo de' Paoli, perché la Fondatrice non è ancora
canonizzata.
Livia trascorre serenamente il tempo di preparazione alla vita religiosa in
postulato e in noviziato, convinta che occorra formarsi e costruirsi per operare
la propria trasformazione in Cristo e in una degna Suora della Carità,
secondo le attese della Chiesa e del Carisma della Carità. Di qui la
sua certezza che, servire i poveri significa vedere in essi la persona di Gesù
Cristo povero, per il quale, "tutto è poco".
Vestito l'abito religioso e preso il nome di Suor Agostina, viene inviata, il
14 agosto 1887 presso l'Ospedale Santo Spirito di Roma dove, appena entrata,
eserciterà il dono totale di sé in un reparto di bambini ammalati.
L'ospedale Santo Spirito vanta una lunghissima storia. Costruito su sito romano
per i pellegrini, è voluto da Papa Innocenzo III, nel Medio Evo, per
la cura dei malati, dei diseredati, dei poveri. Questo "Conservatorio"
è sempre guardato dagli altri Papi come luogo privilegiato per un servizio
ai bisognosi di ogni genere. Qui hanno prestato cure e assistenza, nel tempo,
una serie di grandi figure di Santi della carità.
Le Suore della Carità vengono chiamate da papa Gregorio XVI nel 1844.
Nonostante il sostegno del Vaticano, dopo il 1870, Roma dà un orientamento
laico all'ospedale, con l' insofferenza nei confronti della religione e di qualunque
segno o espressione la possa far ricordare. Successivamente, all'interno dell'Ospedale
si instaura un ulteriore, negativo influsso anticlericale da parte del Direttore
stesso, massone e assessore del Campidoglio.
Le Suore possono rimanere, a patto che non parlino di Dio ai malati. Suor Agostina
prega di nascosto, può parlare poco, ma può testimoniare un amore
tenero, attento, premuroso per ogni malato. Purtroppo contrae un'infezione che
la porta vicina alla morte. Guarita, viene trasferita nel reparto per malati
di tubercolosi, che guariscono con difficoltà, che sono contagiosi, che
muoiono
Un medico dice che "Suor Agostina si è mostrata sempre
dolcissima, si prestava a fare non solo quello che era suo dovere, ma anche
di più e molto volentieri, pronta, umile, ilare".
I tubercolotici sanno quale può essere l'epilogo fatale della loro vita.
La degenza è lunga, le cure sono interminabili, la lontananza dalla famiglia
e dalla società è motivo di prostrazione; l'irascibilità,
l'insofferenza per la minima contrarietà, li caratterizzano.
Suor Agostina abbraccia questo mondo, lo serve, si industria per confortare
e accompagnare, fino all'ultimo respiro, ogni malato e, se per i moribondi non
può chiamare il sacerdote, diventa sacerdote quando occorre: "A
distribuire le medicine agli ammalati tutti sono capaci; ma la missione della
Suora della Carità è un'altra".
Contagiata lei stessa dal male e, guarita, propone alla Superiora di riprendere
il suo posto per evitare che un'altra sorella possa contrarre lo stesso male.
Uno dei malati, mette tutti i giorni a dura prova Suor Agostina come caposala
e, le infermiere e, i medici. Questi, dopo molti richiami, riescono ad ottenere
il suo allontanamento dall'Ospedale per evitare prevaricazioni e provocazioni
continue. Si narra anche di aiuto economico e di incontri con la povera madre
di questo figlio collerico e vendicativo. Giuseppe Romanelli, questo è
il suo nome, non prende bene il provvedimento. Crede che c'entri Sant' Agostina,
già sempre da lui maltrattata, presa di mira e minacciata di morte.
Continuamente egli rientra in Ospedale per intimorire la suora a parole, a gesti
o con dei bigliettini, provocandola anche con sfide indecenti.
Il Romanelli mette in atto il suo piano vendicativo la mattina del 13 novembre
1894 pugnalandola a morte, rincorrendola a tradimento, quando ella sta procurando
con delicatezza un sollievo ad un malato.
Mentre muore, dalla sua bocca, non escono che parole di perdono e invocazioni
alla Vergine Maria.
"Mi sento infiammata di carità per tutti e pronta a sostenere qualsiasi
sacrificio, anche a spargere il sangue per la carità, se sarà
volontà di Dio". Santa Agostina si era offerta a Dio per amare nostro
Signore e servirlo nella persona dei poveri, nello spirito di San Vincenzo de
Paoli, trasmesso dalla Fondatrice e dalla tradizione della Comunità.
Ora, morire martire è per lei un privilegio, come lo sarebbe stato per
Santa Giovanna Antida, quando, durante la Rivoluzione francese, un soldato,
perché ella non vuole giurare fedeltà alla Costituzione rivoluzionaria,
la colpisce col fucile lasciandola tramortita.
Tutta Roma si scuote davanti ad un tale avvenimento. Le autorità religiose,
civili e militari, la gente comune, esce allo scoperto, rende omaggio alla "martire
della carità" e parla e diffonde l' impressionante fama di santità.
Beatificata da Paolo VI il 12 novembre 1972, la solenne canonizzazione, decretata
da Papa Giovanni Paolo II, ha auto luogo a Roma il 18 aprile 1999.
Il 29 aprile 2003, la Chiesa ci ha fatto un altro grande dono con il Decreto
della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti: Santa
Agostina Pietrantoni è dichiarata Patrona degli infermieri, perché
è una figura ispiratrice e una testimone esemplare per gli infermieri,
è sostegno e aiuto per il mondo sanitario e per chi è a servizio
dei malati.
Tutti siamo lieti e grati a Dio di poter trovare in lei un modello di vita accessibile
e imitabile e una protezione che allieta, solleva, consola.
La connotazione della sua santità è la ferialità, vissuta
nella letizia, nel silenzio, nell'operosità, nella preghiera, nella realizzazione
di un'unità di vita derivante dalle prerogative della donna, della religiosa,
dell'infermiera, e dal felice connubio tra ricchezze di natura e ricchezze di
Grazia di Dio.